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Autori tra loro vicini, come Herder e Hamann, o distanti, come Hegel e Schopenhauer, sono qui accomunati per l'attenzione prestata alla filosofia di Kant e per i toni polemici con cui hanno commentato la dottrina della conoscenza della "Critica della ragion pura". La "Metacritica", con la quale i primi due ingaggiarono un vero corpo a corpo con Kant, ha tra i bersagli principali la sua concezione della ragione, la separazione delle facoltà conoscitive, l'astrattezza come tratto peculiare del procedere dell'intelletto. Quanto a Hegel, egli non perdonò a Kant di non essere riuscito ad oltrepassare, nella conoscenza, la sfera del finito; apprezzò l'appercezione trascendentale, ma solo per trasformarla in strumento per la costruzione dello speculativo. Schopenhauer, unico fra i quattro, celebrò la scoperta della "cosa in sé", ma per farla diventare, trasfigurata nel significato, il dispositivo idoneo ad erigere una "nuova" metafisica. Le assenze, da Jacobi a Schelling, sono più numerose delle presenze, ma già queste ultime bastano a mostrare quante resistenze siano state frapposte alla filosofia critica e quanti i tentativi compiuti per arginarne i possibili esiti di modernizzazione.